
Cinque parole a vanvera su Alithia
Corde, amore, tisane, cinema, amici (power lifting, libri, musica)
Una dote/caratteristica che non può mancare a una persona inclusiva
La capacità di ascoltare
Cosa ami di più della tua vita?
Le stesse cose che ho risposto nelle cinque parole a vanvera su di me. Credo che quello che amo sia quello che mi determina. In particolare amo insegnare bondage e amo avere accanto le persone con le quali ho deciso di condividere la mia vita, siano amici o relazioni.
Mi piace pensare alla mia vita come a un vecchio film di Ozpetek, in cui spesso i personaggi si ritrovano intorno a una grande tavolata con la propria famiglia d’elezione, ma con un twist kinky.
Ah già… the o caffè?
Assolutamente the (insieme alle tisane di cui parlavo sopra). Ce ne sono di tanti tipi diversi, adatti a vari momenti della giornata, ne preparo tazze giganti per fare lunghe pause durante le quali chiacchiero con amici e studenti o leggo un buon libro.
Quali sono le condizioni necessarie per cui tu riesca a fare coming out in maniera serena? C’è stato qualcosa o qualcuno che ti ha aiutato a raggiungere maggiore consapevolezza di te?
Ho lavorato molto su me stessa sin da piccola, sia sul mio orientamento sessuale che sulla mia identità di genere. Per qualche motivo pensavo che una donna forte fosse un maschio mancato e dato che sapevo di provare attrazione verso il mio stesso sesso già da bambina ma non conoscevo nessun altro che fosse nella mia stessa situazione mi sono sentita molto sola. Questo mi ha portato a cercare una community non appena ne ho avuto le possibilità. Confrontarmi con altre persone, sapere di avere una rete di sicurezza, mi ha dato la possibilità di esplorare me stessa con meno ansia, più capace di mettermi in ascolto dei miei desideri e di scoprire le mie potenzialità. Sicuramente questo processo mi ha permesso di sviluppare maggiore consapevolezza. È proprio questa consapevolezza che mi permette di espormi senza troppe preoccupazioni. Ci sono delle occasioni in cui preferisco non fare coming out, per esempio quando penso che questo potrebbe turbare il mio interlocutore (per esempio mio nonno non sa che pratico BDSM, per esempio, ha 90 anni e non credo abbia gli strumenti per comprendere che si possa vivere la propria sessualità in questo modo). Sono orgogliosa del mio percorso e mi fa piacere condividerlo. Sono anche molto fortunata: Torino è una grande città e le persone con cui ho a che fare sono molto aperte e accoglienti.
L’importanza del consenso. Secondo noi, sia in relazione al BDSM che più in generale, c’è molta ignoranza su questo argomento. Come si può spiegare a tutti, secondo te, cos’è il consenso?
Consenso viene dal latino consensus, deriva da consentire ‘sentire insieme, sentire con’. Vuol dire conformità di intenti, di voleri. Solo in seconda istanza vuol dire permesso, approvazione. Chiedere il consenso non vuol dire banalmente chiedere il permesso. Chiedere il consenso vuol dire esprimere la volontà di entrare in empatia con la persona con cui ci stiamo rapportando, per chiederle se ha i nostri stessi desideri, se condivide la nostra stessa volontà. Hai il mio consenso, acconsento, vuol dire “sono d’accordo con te, voglio la stessa cosa che vuoi tu”. Nel BDSM il consenso sta alla base di tutto. Forse è proprio la consapevolezza di correre rischi maggiori, rispetto a quelli che potrebbero esserci in una relazione comunemente intesa, che ci ha portato, negli anni, a considerare l’ascolto del partner più importante di qualunque altra cosa. Solo ascoltando e dando attenzione alla persona che abbiamo davanti possiamo capire che cosa desidera, dove vuole arrivare insieme a noi.
La persona kinkster trasgredisce quelle che sono le norme o le convenzioni sociali legate alla sessualità, secondo te quanto siamo ancora lontani dell’accettazione e quindi dalla libertà di esporsi nel caso ci si riconosca come persona kinkster? Cosa si può fare per normalizzare queste preferenze?
Il BDSM viene chiamato anche ‘sessualità alternativa’, alternativa a quella che viene considerata la norma. Bisognerebbe prima mettersi d’accordo su che cosa è la norma e capire come è cambiato questo concetto negli anni. Alle volte quando parlo con persone che non sono kinkster di quello che faccio ricevo come risposta: “Non lo farei mai”. In quel caso faccio degli esempi pratici. Per esempio: “Non ti è mai capitato di sognare o di provare a farti immobilizzare o bendare nell’intimità” o “Non hai mai desiderato di sculacciare qualcuno o di farti sculacciare?”. A questo punto spesso le risposte cambiano e si passa da un “Non lo farei mai” a un “Sì, certo, ma non mi farei mai frustare”. È ok, ognuno ha le proprie fantasie e non c’è nessuna colpa in questo. La maggior parte delle persone non ama parlare delle proprie fantasie perché pensa siano cose private, o ancora perché ha paura del giudizio altrui ma spesso basta dare il LA alla conversazione e si trova un terreno comune. Personalmente a me non interessa normalizzare il BDSM. Mi interessa molto di più che chi vuole avvicinarsi a questo mondo abbia gli strumenti per farlo in sicurezza. Del BDSM se ne parla tanto, troppo, e troppa letteratura e troppo cinema ne parlano come di qualcosa che ha a che fare col disagio, con i traumi personali, con i problemi mentali. Sarebbe preferibile che il BDSM non venisse rappresentato per nulla invece che mostrato come una patologia psichiatrica.
Quando ti sei avvicinata al BDSM? E in che modo? C’è un’esperienza particolare che ha segnato una svolta nella tua vita? La sessualità ha un ruolo fondamentale nella vita di ogni persona, ma non è sempre scontato che venga vissuta con serenità. A chi sono rivolti i tuoi servizi di consulente di sessualità alternativa?
Da piccola amavo legare le cose. Usavo quella che doveva essere una corda per saltare: sedie, tavoli, bottiglie, niente poteva stare al suo posto. Costruivo fortini, tende, castelli. Raggiunta la maturità sessuale ho iniziato a fantasticare di legare le persone. Nel giro di poco tempo la fantasia è diventata realtà. Sentivo, però, che mancava qualcosa. Usare sciarpe e cinture non era così soddisfacente. Giocare con la cera e fare sesso estremo con le persone che frequentavo non raccontava tutto di me. Inoltre avevo bisogno di parlare con qualcuno che avesse i miei stessi istinti, avevo bisogno di confronto. Così ho chiesto consiglio a un’amica che sapevo avere i miei stessi interessi e lei mi ha suggerito di iscrivermi a FetLife, un social network dedicato al BDSM che conta quasi nove milioni di iscritti in tutto il mondo. Qui ho scoperto dell’esistenza della comunità torinese, dei party e dei corsi di bondage. Mancava ancora un evento dedicato ai più giovani e così ho deciso di impegnarmi in prima persona fondando il TNG Torino, l’aperitivo informale dedicato al BDSM per persone tra i 18 e i 35 anni. Entrare a far parte di una community ha senza dubbio dato una svolta alla mia vita: da quel momento in poi è cambiato tutto. Come consulente di sessualità alternativa ho due target differenti: professionisti della narrazione che vogliono parlare del BDSM in maniera consapevole (giornalisti, scrittori, registi) e persone che vogliono esplorare questo mondo ma non sanno da che parte cominciare.
Nel primo caso rilascio interviste, leggo racconti, do consigli sulla regia (sono laureata in Lettere con tesi in Forme dello Spettacolo), racconto com’è quest’ambiente da dentro, nel secondo caso ascolto le persone che sono curiose e in base alle informazioni che mi forniscono loro consigli su diversi aspetti come cercare di accettare le proprie preferenze sessuali, avvicinarsi alla community (che eventi esistono, quali frequentare in base ai propri interessi), come cominciare a giocare in sicurezza.
Il BDSM ha un ruolo principale nella tua vita, dal momento che sei riuscita a trasformare la tua passione anche in un lavoro. Raccontaci di questa connessione tra vita e lavoro C’è un’esperienza particolare che ha segnato una svolta nella tua vita?
La mia pratica d’elezione è il kinbaku (disciplina giapponese che consiste nel legare una persona in contesto erotico). Per me legare vuol dire avere un dialogo. Trasmetto il mio stato d’animo, comunico i miei desideri alla persona che sto legando e contemporaneamente mi metto in ascolto. Il corpo parla, basta saperlo osservare. Ho capito che questa pratica non mi avrebbe mai abbandonato quando ho visto dal vivo una performance di Riccardo Wildties e Red Sabbath (conosciuti anche come Kinbaku Luxuria). La profondità della loro comunicazione mi ha commosso ed emozionato tanto da aver cambiato la mia vita, i miei standard, perfino il mio concetto di relazione sentimentale. Tutti abbiamo sognato di fare del nostro hobby preferito o della nostra passione una professione. A un certo punto mi è capitato di essere invitata a eventi pubblici, come il Fish&Chips Film Festival del cinema erotico, a parlare di temi quali il consenso, la violenza, il BDSM. Sono stata chiamata in quanto organizzatrice di eventi a tema e come persona che ha un bel po’ di esperienza alle spalle. Non mi andava di arrivare a questi incontri impreparata, così ho cominciato a studiare educazione sessuale e a sviluppare un metodo personale per trattare argomenti connessi alla sessualità alternativa. Così ho avviato la mia attività di insegnante di shibari. Collegata all’attività di educazione e divulgazione è venuta fuori l’esigenza di accostare alla teoria la pratica e non avrei potuto scegliere altro strumento che le corde. Pratico bondage con i miei partner e con alcune delle mie amiche più care. Dal momento in cui ho iniziato a insegnare con alcune di queste persone abbiamo deciso di creare uno staff. Adesso siamo amici (partner e play partner) e lavoriamo insieme. Il BDSM può essere uno stile di vita soprattutto nel momento in cui i tuoi amici e le tue amiche, i tuoi punti di riferimento sono tutte persone che fanno parte del mondo kinky, anche se non fai nulla di particolare, non hai un look eccentrico o hai abitudini che rientrano nella norma, ammesso che esista una norma. Puoi non praticare per anni ma sai che è lì, che fa parte di te. Nella maggior parte dei casi è una preferenza sessuale, ovvero la ricerca del tuo piacere passa attraverso le pratiche BDSM e non è detto che questo influisca sulla tua quotidianità, può tranquillamente essere un momento di svago, una vacanza della mente, un’alternativa.
Ci sono degli aspetti della sfera kinky che trovi siano più fraintesi di altri nella conoscenza comune?
Posso basarmi su quello che mi è stato detto negli anni parlando di questo argomento. Moltissime persone non capiscono come a qualcuno possa piacere essere “picchiato” (strano come nessuno mai mi abbia detto “Non capisco come mai a qualcuno possa piacere picchiare”), come se si trattasse più di un incontro di boxe fatto male che di una pratica erotica. Per carità, posso anche capire da dove venga l’equivoco. Se non hai mai avuto fantasie del genere o non hai mai provato è molto difficile riuscire a immaginare quanto piacere si possa invece provare praticando il BDSM. Inoltre esistono moltissime pratiche e solo alcune di queste prevedono le sculacciate o l’impact play. Premesso che non mi interessa cercare di convincere le persone a entrare a far parte di questo mondo, ritengo che anche chi non ne ha mai sentito parlare potrebbe prendere come esempio per la propria vita personale e di coppia alcuni aspetti del BDSM, per esempio l’educazione al consenso o come esplorare più liberamente le proprie fantasie. Chi lo pratica ha come obiettivo la ricerca del piacere e durante la sessione di gioco è possibile portare avanti questa ricerca con i mezzi più disparati. All’interno della pratica possiamo esplorare i nostri desideri e condividerli con la persona con cui giochiamo. Possiamo provare vergogna, piangere, rilassarci, godere, avere paura, lasciare il controllo in totale libertà, senza preoccuparci del giudizio di chi è lì con noi in quel momento. Questo ci permette di avvicinarci, di entrare maggiormente in intimità con il/la partner. Non condivido con te solo il mio corpo ma apro una finestra sui miei segreti e ti permetto di vedere cose di me che in altre occasioni non mostro. In più, come singole e singoli, praticare il BDSM ci porta a domandarci che cosa cerchiamo in una relazione (che duri nel tempo di una sessione di gioco o che sia il rapporto con il/la partner), chi siamo, che cosa vogliamo. Insomma, dal mio punto di vista è uno strumento di autodeterminazione in piena regola.
La tua appartenenza alla comunità LGBTQAI+ ti ha in qualche modo avvantaggiato o svantaggiato nella tua vita professionale da insegnante di Bondage?
Sicuramente la mia esperienza pregressa all’interno della comunità e delle associazioni LGBTQAI+ mi ha aiutato nella creazione e nella gestione di una community legata al BDSM e in particolare al kinbaku. Conoscere le dinamiche proprie di una comunità è stato importante, inoltre queste due comunità sono spesso accomunate (anche se per motivi e con effetti molto diversi) dall’essere oggetto di pregiudizi e discriminazioni per qualcosa che riguarda la nostra sessualità, quindi a volte mi è capitato di parlare con persone della comunità kinky che hanno perso il lavoro perché il loro capo scopriva questo lato della loro vita, o con persone che hanno difficoltà a parlare col partner dei loro desideri. Non voglio mettere le due cose sullo stesso piano. Per me per esempio è fondamentale essere libera di presentare la mia partner ai miei genitori ma quello che faccio con la mia partner nella nostra intimità non è necessario che venga divulgato all’esterno del mio letto. Tuttavia ci sono persone che per vivere questo lato della loro sessualità decidono di vivere una vita parallela pur di non parlarne con amici e parenti per paura del giudizio e perché non riescono a fare coming out e si sentono molto in difficoltà per questo. Un altro aspetto per cui credo di essere avvantaggiata sia come donna sia come persona dichiaratamente LGBTQAI+ è che molte persone hanno deciso di studiare con me perché erano certe che avrebbero trovato un ambiente accogliente e io sono felice di poter essere un po’ il punto di passaggio tra queste persone e il resto della community.
Puoi spiegare cosa significa essere omoflessibili?
Le persone omoflessibili sono persone che pur provando una maggiore attrazione verso le persone dello stesso sesso occasionalmente provano o hanno provato attrazione anche per persone del sesso opposto. Con occasionalmente non intendo fare sesso occasionale, l’attrazione può essere sia sessuale che romantica e possono esserci relazioni a tutti gli effetti. Io sono innamorata del mio compagno da sette anni. Fino ai sedici anni ero convinta di essere lesbica, poi ho scoperto che potevano piacermi anche i ragazzi ma continuo a essere attratta in particolare, soprattutto da un punto di vista sessuale, dalle donne.
Consiglia qualcosa da vedere, ascoltare o leggere per chiunque voglia approfondire l’argomento!
Per chi vuole provare a giocare, anche in modo soft, col proprio o con la propria partner consiglio il libro ‘Non smettere di giocare’ di Fabrizio Quattrini, sessuologo e psicoterapeuta.
Da leggere sul kinbaku consiglio senza dubbio ‘The beauty of kinbaku’ di Master K.
Film da vedere ce ne sono diversi ma tra tutti direi ‘Shortbus’ e ‘Venus in fur’. Il primo parla della riscoperta della sessualità come elemento gioioso della nostra vita mentre il secondo mette in scena i rapporti di potere in un modo che non avevo mai visto prima.